"...Ci eravamo seduti su una panca nel parco adiacente alla gelateria. Era piacevolmente tiepido, e le prime foglie della primavera gettavano un’ombra su di noi. Regnava la quiete- erano solo le tre del pomeriggio- e qualche nonnino si aggirava per il parco, godendo del primo sole caldo di stagione. Avevi chiesto di me: chi ero? Te lo raccontai: ci eravamo trasferiti in città dalla campagna per motivi di lavoro. Mio padre e mia madre lavoravano come operai quando ero piccola. Poi, la mamma si era ammalata ed era morta, lasciando me e mio padre allo sbaraglio. Verso i quindici anni, mio padre si trovò una nuova compagna che non sapeva cosa farsene di una figliastra adolescente in tempesta ormonale- si, mi aveva definita così- anche perché lei già aspettava un figlio da mio padre, un loro bambino, un loro figlio. Intanto, io studiavo al Liceo artistico della Città, cercando di non perdere neanche un anno per accelerare l’arrivo della maggiore età e l’uscita da una famiglia che non era più la mia famiglia. << Poi sono arrivata alla Barrique e sono arrivata sin qui. >> Conclusi, osservandoti di sottecchi: eri attento, Sasha, ad ascoltare ogni sfumatura della mia voce. << Storia interessante. >> Dicesti infine. << Da romanzo ottocentesco. >>
Mi lasciai sfuggire un sorriso. << Anche io l’ho sempre detto. >> "
( tratto da " Sospiro " )
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